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venerdì 14 giugno 2013

Le donne obbligate ad amare. Aumentano i casi di "Femminicidio".

Quasi ogni giorno una donna viene uccisa per mano di un uomo. Da pochi anni in Italia si parla di femminicidio ed esiste una percezione sociale di questo problema. Esiste un'oggettiva difficoltà di rilevare il fenomeno e la sua diffusione anche perché a livello istituzionale non vengono raccolti i dati in modo sistematico. Dal 2005 i Centri Antiviolenza raccolgono i dati delle donne uccise dai casi riportati dalla stampa. Solo nel 2012, secondo l'indagine svolta dalla Casa delle donne per non subire violenza di Bologna i femicidi in Italia sono stati 124, i tentati omicidi di donne 47. Il 70% circa delle donne è stata uccisa da uomini con cui le donne avevano o hanno avuto una relazione sentimentale (mariti, compagni, ex mariti, ex compagni etc.); la maggior parte degli omicidi vengono compiuti nella casa della coppia, delle vittime o dell'autore, circa 80% delle donne sono italiane, come anche gli autori sono italiani; la maggior parte di loro vive nelle Regioni del Nord. 

Solo negli ultimi anni è nata una certa attenzione soprattutto dei mass-media con trasmissioni televisive come Amore Criminale si è potuto notare l'impegno di giornalisti come Riccardo Iacona, è nato uno spettacolo teatrale sull'omicidio di donne Ferite a morte, di Serena Dandini. I centri antiviolenza ma anche molti Comuni e altri Enti pubblici per il 25 novembre, Giornata mondiale contro la violenza alle donne e 8 marzo, Giornata internazionale della donna, organizzano flash mob, convegni, seminari, eventi pubblici di sensibilizzazione sul tema della violenza contro le donne e il femminicidio. L'EU.R.ES, che da diversi anni svolge ricerche sugli omicidi volontari in Italia, solo nel 2012 ha pubblicato la prima ricerca specifica sul femminicidio dal titolo "Il femminicidio in Italia nell'ultimo decennio". 

Ma cosa spinge un uomo ad uccidere la propria donna?

Francesco Alberoni, nel suo articolo del lunedì, ci traccia un "identikit" della concezione sana dell'amore.
Numerosi uomini uccidono le donne quando vengono lasciati lo fanno perché hanno una concezione patologica dell'amore. 

Ma qual'è la concezione sana dell'amore?
Due amanti, proprio quando si amano profondamente, sentono continuamente il bisogno di chiedersi "mi ami?" e di dirsi l'un l'altro "ti amo".
Lo fanno perché sono gelosi? No. Lo fanno perché sono incerti del loro amore? No. Lo fanno perché sanno che l'amore è libertà e la libertà non può essere frenata, imprigionata, è un continuo scegliere. La libertà è il presupposto essenziale dell'amore.
Noi non possiamo amare uno che è costretto ad amarci per forza, per dovere o perchè ha preso un filtro o perché gli è stato posto un elettrodo nel cervello.
Noi vogliamo essere amati da una persona libera....

Nel grande amore che dura noi, pur sapendo di essere amati, continueremo sempre a scrutare il volto del nostro amato per vedere se è contento o non è contento di noi, se ci ama o ci ignora. Coloro invece che uccidono sono uomini che vogliono un amore-schiavitù dove la donna è sempre ubbidiente, servile. Non sono capaci di avere un dialogo amoroso con lei, non l'ascoltano, ignorano i suoi problemi, non si rendono conto di quanto è in crisi e, il giorno in  cui lei li lascia, non capiscono il perché. Lo giudicano una crudeltà mostruosa. E si vendicano uccidendola.

Ne viene fuori che alla base del femminicidio c'è per l'appunto una concezione sbagliata dell'amore, intesa come possesso e schiavitù.
Come deterrente a questo crescente fenomeno ci dovrebbe essere la certezza della pena per chi compie questo reato.

mercoledì 23 gennaio 2013

Face book spinge all'invidia e all'infelicità

Gli utenti di face book provano una costante sensazione di invidia aumentata dal fatto che la maggioranza dei profili è costruita in modo da amplificare e spesso fingere la felicità personale. 


Questo è ciò che si evince da una ricerca  che verrà presentata nel dettaglio a Febbraio.

Il social network più amato, oltre a rovinare i rapporti spingerebbe  la maggioranza degli utenti che raccolgono quotidianamente notizie sulla vita di amici e conoscenti on line a provare una costante sensazione di invidia aumentata dal fatto che la maggioranza dei profili di Facebook è costruita in modo da amplificare e spesso fingere  la felicità personale. 

Per ora siamo stati solo informati degli effetti di facebook sui suoi utenti . L'indagine sarà presentata nel dettaglio all'undicesima conferenza internazionale Wirtschaftsinformatik (Information Systems) a febbraio a Lipsia. Dallo studiodi  Peter Buxmann dell'Università di Darmstadt e Hanna Krasnova dell'Università Humboldt a Berlino,  ne è venuto fuori che se un utente scruta  altri profili e ne percepisce la felicità, vera o presunta non conta, è stimolato a dare un' immagine di se migliore, in pratica il suo profilo diventerà anch' esso fonte di invidia per gli altri.I ricercatori hanno inoltre dimostrato che gli utenti raramente ammettono di provare invidia ma tendono ad attribuirla ad altri utenti e che c'è una correlazione tra l'invidia provata su Facebook on line e la soddisfazione generale per la vita off line. 

Face book in effettti ha tolto la vita di relazione con gli altri ma non solo,  c'è gente che vive costantemente attaccata al suo pc e al suo telefonino per postare uno stato, una foto; si è scatenata la mania delle foto.

Forse ognuno di noi dovrebbe imparare ad usare face book solo per mantenere contatti o per allacciarne di nuovi in ambito lavorativo o delle relazioni ma come ogni cosa, mi vien da dire, "il troppo storpia".